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  Il danno biologico
 

IL DANNO BIOLOGICO (Avv.Emiliano Caperna)

L’iter seguito dalla giurisprudenza per addivenire ad una definizione unitaria del danno biologico è stato molto travagliato e complesso, ed è significante individuarne succintamente i momenti fondamentali, in particolar modo con riferimento al danno alla persone derivante dalla circolazione dei veicoli.
Il punto di svolta è segnato dalla sentenza interpretativa di rigetto 184/1986 della Corte Costituzionale, destinata a modificare l’intero sistema risarcitorio fino a quel momento elaborato dalla giurisprudenza, ove vi fu il primo riconoscimento del danno biologico inteso come lesione dell’integrità psico-fisica della persona.
Innanzitutto la Corte riaffermò in maniera definitiva la natura precettiva e la conseguente efficacia diretta nei rapporti tra i privati dell’art.32 Cost., che costituisce il fondamento della risarcibilità del danno biologico e da intendersi come ammissivo di un diritto soggettivo alla salute; inoltre stabilì che il danno biologico va ricondotto al genere dei danni patrimoniali, risultante dal combinato disposto degli art. 32 Cost. e 2043 c.c..
La Corte Costituzionale statuì che l’art. 2059 c.c. non è da dichiararsi illegittimo, in quanto non limita in alcun modo il risarcimento del danno alla salute, e, comunque, esso va inteso restrittivamente, concernendo unicamente i danni morali soggettivi.
Nella visione della Consulta il danno biologico si configura come danno evento, con la conseguente configurazione dello stesso quale danno base, in contrapposizione al danno morale e al danno da mancato reddito, che costituiscono i danni conseguenze.
Il Franzoni (Danno alla persona, Cendon, Padova, 1995, p.211) sottolinea le perplessità riguardo questa visione che, considerando il danno biologico sotto il punto di vista patrimoniale, in particolare considerandolo quale danno emergente o danno base, giunge ad una mercificazione del corpo umano ben superiore a quella che si ottiene con il metodo tabellare di liquidazione del danno alla persona, in quanto il braccio, la mano, il volto di una persona hanno un prezzo predeterminabile in quanto costituiscono un bene patrimoniale in sé e per sé.
 Ad ogni modo, nonostante le critiche da più parti avanzate circa le argomentazioni poste dalla sentenza 184/86 e nonostante le diversità delle proposte alternative effettuate dalla dottrina riguardo la collocazione sistematica del danno biologico, assunto per taluni quale danno patrimoniale, da altri quale danno non patrimoniale, ma miracolosamente sottratto alla riserva ex art. 2059 c.c., è indubbio che il danno biologico o alla salute è entrato nel sistema di diritto positivo.
Le sentenza della Corte Costituzionale 372/94 e 293/96, il cui estensore è Luigi Mengoni, sottolineano, invece, la natura non patrimoniale del danno biologico, riproponendo, con forza, all’attenzione della dottrina e della giurisprudenza, l’importanza del ruolo che in materia può svolgere l’art. 2059 c.c.: ciò è stato definito, da alcuni autori, come il ‘’ritorno dell’art. 2059 da un esilio’’(Ferri, Dall’economia della bontà all’economia del dolore, Cedam, 2005, p.161).
Soprattutto, la sentenza 372 del 1994 è importante laddove da un lato afferma la riconducibilità dei danni morali all’art. 2059 c.c., nei limiti dei ‘’casi determinati dalla legge, dall’altro statuisce che il danno alla salute, in particolare il danno psichico patito dai familiari in seguito alla morte della persona deve farsi rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 2059 c.c..
Come sostenuto dalla prevalente dottrina, fra cui si cita l’interessante lavoro di Castronovo (Castronovo, Danno biologico-Un itinerario di diritto giurisprudenziale, Milano, 1998, p. 282) in conseguenza delle suddette pronunce costituzionali, si desume che il limite dei ‘’casi determinati dalla legge’’ finisce con il riguardare esclusivamente quel danno non patrimoniale storicamente avuto in mente dal legislatore, cioè il danno morale.
Assumono importanza preminente le due pronunce della Corte di Cassazione n. 8827 e 8828 del 2003, già esaminate in precedenza, con le quali è stato confermato l’orientamento per cui il danno morale è una sottocategoria dei danni non patrimoniali, al pari del danno biologico e del danno esistenziale: tale tesi è stata, inoltre, avallata, seppur mediante un mero obiter dictum, dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza 233/2003, che potrebbe mettere fine alle discussioni riguardo la costituzionalità o meno dell’art. 2059 c.c..
Premessi sinteticamente questi momenti fondamentali per comprendere la controversa natura del danno alla salute, si deve porre l’attenzione sull’introduzione da parte del legislatore di casi di risarcibilità di danni non patrimoniali svincolati dalla sussistenza di una fattispecie di reato, come si evidenzia nella motivazione della sent. 233/2003 della Corte Costituzionale, e in primis del danno biologico inteso quale lesione all’integrità psico-fisica suscettibile di accertamento medico legale.
Come sottolineato dal Fittante (Fittante, Brevi cenni sugli interventi nel settore assicurativo di cui alla l. 57/2001, in Arch. Giur. Della circ. e dei sin. strad., 9/2001, p.625-628), l’art. 5 al secondo comma legge 57/2001, collegato omnibus alla legge Finanziaria del 2000, segna una delle recenti novità legislative nell’ambito del risarcimento del danno alla salute
Ai sensi della norma citata, per danno biologico si intende ‘’la lesione all’integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico legale’’; aspetto fondamentale è che esso ‘’è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato’’.
E’ necessario precisare che la novella disciplina il solo danno biologico di lieve entità, originato da una ‘’microlesione’’ non superiore al 9% di invalidità derivante da sinistri stradali e lo fa ‘’in attesa di una disciplina organica del danno biologico’’ che, cioè disciplini non solo i criteri di liquidazione di tutte le lesioni, anche quelle più gravi, subite in occasione di sinistri legati alla circolazione dei veicoli, ma anche di tutti i danni conseguenti a fattori traumatici diversi da questa.
La disciplina del danno biologico riguardante ogni tipo di lesioni, dalla più grave alla più lieve, oggi può dirsi concretamente realizzatasi, con riguardo ai sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli e dei natanti, mediante le disposizioni ex art. 138 e 139 del nuovo Codice delle assicurazioni private, approvato con decreto legislativo 7 settembre 2005, numero 209.
E’ rilevante la definizione, effettuata dal testo unico in esame, che ripercorre l’elaborazione precedente, secondo cui ‘’per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito’’.
L’art. 138, intitolato ‘’danno biologico per le lesioni di non lieve entità’’ fa riferimento all’omogeneizzazione dei criteri di liquidazione su scala nazionale, mediante la tabella unica dei valori economici, che risultano essere in funzione crescente rispetto alla percentuale di invalidità e in funzione decrescente in relazione all’età del soggetto, considerando, comunque, che, qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, l'ammontare del danno determinato ai sensi della tabella unica nazionale può essere aumentato dal giudice sino al trenta per cento, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato.
L’art. 139 disciplina, invece, il danno biologico per le lesioni di lieve entità, cioè fino al 9% di invalidità, e trova il precedente legislativo nell’art. 5 legge 57/2001.
Esso dispone che a titolo di danno biologico permanente è liquidato un importo crescente in modo più che proporzionale in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità calcolato in base all’applicazione del relativo coefficiente secondo la correlazione esposta nella tabella secondo la quale, ad esempio, ad un’invalidità dell’1%, ove il valore del primo punto e' pari ad euro seicentosettantaquattro virgola settantotto, si applica un coefficiente moltiplicatore di 1,0 fino ad arrivar ad un’invalidità pari al 9% ove si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 2,3; infine, l’importo così determinato si riduce con il crescere dell'età del soggetto in ragione dello zero virgola cinque per cento per ogni anno di età a partire dall'undicesimo anno di età.
Tale ammontare può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato.
Invece, a titolo di danno biologico temporaneo, e' liquidato un importo di euro quaranta circa per ogni giorno di inabilità assoluta mentre in caso di inabilità temporanea inferiore al cento per cento, la liquidazione avviene in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno.           

27-02-2008 Avv.Emiliano Caperna

 
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